Tanto per cominciare: quel profano nel titolo a cosa si riferisce? Semplice, alla mia quasi totale estraneità con il mondo di Harry Potter.

Certo, completamente digiuno non sono – d’altronde si può essere totalmente digiuni da Harry Potter? – tuttavia ammetto di non aver mai sfogliato una singola pagina di un singolo libro, né ho mai sentito il bisogno di riguardare i film almeno una volta l’anno. Succede quando cresci con altri riferimenti culturali. Con questo non sto stigmatizzando né la lettura della serie, né la visione dei film (che recentemente ho rivisto dopo oltre un decennio), dico semplicemente che non posso (e forse non voglio) far finta di essere uno di quelli che ne capisce del mondo plasmato da J.K. Rowling, di cui, a scanso di equivoci, NON parlerò mai in questo articolo.

Ma allora perché giocare Hogwarts Legacy? Innanzitutto perché conoscere a menadito il mondo di HP potrebbe rivelarsi più disastroso che altro; già li vedo i duri e puri a sottolineare storture o presunte idiosincrasie su quello o su quell’altro tema/oggetto/elemento di design. Inoltre è giusto ricordarci che stiamo parlando di un videogioco che, nolente o dolente, si rivolge a tutti/e, anche ai profani come il sottoscritto. Conoscere il tema di cui si sta parlando potrà senz’altro aiutare a immergersi meglio nell’esperienza, così come a scovare tutti quei dettagli estetici e non di cui il gioco è sicuramente madido, ma evitiamo di trasformarlo in un dogma.

Parlando di generalità, dietro Hogwarts Legacy troviamo il team di Avalanche Software (da non confondere con gli svedesi di Avalanche Studios), casa di sviluppo a me molto poco nota, e conosciuta prevalentemente per dei tie-in Disney Pixar (Cars 2 e 3). Premessa non entusiasmante, che tuttavia non dovrebbe far cadere nell’errore di giudicare prima ancora di provare, perché, forse per via del mio essere un profano, Hogwarts Legacy mi ha divertito e continua a farlo.

Harry Potter impegnato in un incantesimo in Hogwarts Legacy

Un gioco pensato anche per i babbani

Ho pensato ai babbani non per fare una gag, bensì per rispecchiare la natura di tutte quelle persone che, come il sottoscritto, giocano e giocheranno al gioco da “non fan” di Harry Potter. Per cui sì, sono un babbano, un comune essere umano completamente (o quasi) ignaro di tutti quegli elementi che hanno reso la saga uno dei fenomeni letterari popolari più influenti del nostro tempo.

Da babbano quindi, temevo che mi sarei imbattuto in qualcosa che avrei fatto fatica a digerire, a masticare. E invece così non è stato. Hogwarts Legacy si propone d’altronde come il più classico dei giochi di ruolo occidentali, distinto da quell’impronta stilistica con cui abbiamo imparato a famigliarizzare negli ultimi quindici anni. Chi spera in una rivoluzione concettuale rimarrà deluso. Il gioco conserva, o meglio dire, eredita quella forma di layout già osservato in altri titoli di pari gamma, pur riuscendo a declinare il tutto in salsa Harry Potter; a mio avviso con un discreto successo.

Tanto per cominciare, era un’eternità che non spendevo così tanto tempo con l’editor del personaggio. Non che questo brilli per profondità di modellazione, ma ho come sentito il bisogno di realizzare un soggetto che potesse realmente fondersi con la realtà tardo ottocentesca del videogioco, dandogli al contempo una fattezza simile alla mia persona; cosa che non avevo mai lontanamente fatto.

Dopo un breve prologo, arriviamo finalmente al castello di Hogwarts, sicuramente l’elemento principe dell’intera esperienza. Questo appare sopraffino e ben realizzato sia negli interni che negli esterni. Ho speso le prime cinque ore di gioco spostandomi qui e là, cercando quei pochi riferimenti in mio possesso, come cortili e saloni, oltre ai dormitori delle casate. Ma prima di toccare il world building e più generalmente il design del gioco, qualche cenno narrativo.

Gli eventi di HL sono naturalmente originali (o almeno così credo). L’intero canovaccio ruota attorno a una ribellione goblin e al tentativo di questi ultimi di impossessarsi di un’antica e potente forma di magia. Chiunque andremo a interpretare sarà connesso a doppio filo con questa magia, su cui dovremo indagare al fine di sventare la ribellione sopracitata. Come ormai vi avrò abituato su queste pagine, non andrò oltre con la “trama”, sia per rispetto di chi dovrà affrontarla, sia perché, a conti fatti, risulta la cosa meno interessante dell’opera. L’intera storyline mi è parsa ispirata quanto basta per avere un senso, pur con guizzi degni sparsi nelle non poche ore che occorrono per ultimarla.

Come accennavo poco sopra, Hogwarts e dintorni rappresentano uno dei centri vitali del gioco. L’intero level design ruba immediatamente la scena a ogni altro aspetto, proiettando il giocatore nei ricchi e stravaganti dedali della scuola. Questa appare a metà fra il famigliare e l’originale, con aree ed elementi architettonici noti anche al grande pubblico cinematografico, ma anche asset completamente nuovi pensati appositamente per il gioco. E restando sempre fra i corridoi di Hogwarts, notiamo anche come sia stata distribuita la densità degli elementi che la compongono. Tra fantasmi che si rincorrono, armature semoventi e studenti intenti a combinare qualche ragazzata, la scuola appare decisamente pulsante e viva…a parte qualche spiacevole fenomeno di pop-in.

Inoltre, l’ottima stratificazione dei suoi livelli conferisce al giocatore una notevole libertà di movimento ed esplorazione, seppur con qualche sporadico senso di smarrimento che, al netto della natura di Hogwarts, è non solo comprensibile, ma anche diegetico. Perdersi è in fin dei conti normale, e potrebbe persino rivelarsi utile, considerata la grande mole di collezionabili ed elementi d’interesse. A rendere ancora più incalzate l’offerta ci pensano gli innumerevoli enigmi presenti sia dentro che fuori la scuola. Questi mi sono apparsi variegati e generalmente divertenti, con un grado di difficoltà forse fin troppo sostenibile.

Oltre alla scuola, potrà essere esplorata anche l’intera area geografica circostante, che insieme a scorci suggestivi e a foreste proibite offre piccoli centri abitati completamente esplorabili, che per esigenze di storia e gameplay visiteremo più e più volte, Hogsmeade su tutti. Il design del piccolo borgo magico è notevole, con quel tratto architettonico fiabesco che tanto ha distinto la toponomastica di Harry Potter. Qui sono disseminate diverse attività commerciali utili per acquistare – e potenziare – equipaggiamento come ad esempio bacchette e scope, e più in generale consumabili, come semente per erbologia e ingredienti per pozioni. La quasi totalità della mappa sarà perfettamente esplorabile, meglio ancora se a bordo di una scopa o, perché no, di una cavalcatura. Peccato solo per l’assenza del quidditch, che con ogni probabilità verrà implementato in un secondo momento.

Uno scontro nel videogioco Hogwarts Legacy

Menare le bacchette

Abbiamo quindi detto che Hogwarts Legacy è piuttosto bello da vedere e da esplorare, ma come si comporta quando subentra l’azione?

L’intero combat system appare fortunatamente fluido e quasi mai ostico, d’altronde, come dicevo nell’introduzione, il gioco è pensato per tutti, compresi ovviamente i più piccoli; aspetto che potrebbe aver influito sulla ricerca di una fluidità che rendesse il comparto ludico alla portata di tutti. Tuttavia, nelle fasi di combattimento più intense la fluidità non basta. Bisogna infatti saper utilizzare tutto il comparto incantesimi di cui disponiamo e che di certo non appare risicato. La gamma di magie è piuttosto vasta, e richiama la maggior parte degli incantesimi che abbiamo conosciuto in Harry Potter, persino le più estreme, come le maledizioni senza nome. Fun fact: usare le maledizioni non impatterà sulla tua reputazione, aspetto che poco ho apprezzato considerato il buon livello di ramificazione dei rapporti con gli npc.  

Un dettaglio della scuola in Hogwarts Legacy

Ma questa scuola è una scuola?

La risposta breve è sì e no. Fin dal suo annuncio, uno degli aspetti che più mi interessava scoprire, era nientemeno che la gestione della didattica. Mi interessava capire in che modo sarebbe stata declinata in chiave ludica. D’altronde siamo in una scuola e noi siamo studenti. La risposta è purtroppo arrivata presto. In HL dovremmo sì frequentare delle lezioni, spesso ridotte a cutscene (seppure ben dirette), ma nel complesso queste non andranno a impattare quasi mai sulla reale routine di gioco. Il più delle volte avremo a che fare singolarmente con il corpo docente, che ci affiderà degli incarichi da portare a termine. E qui sorge un problema, ossia la mancanza di stimoli. Ora, non fraintendetemi, il mio non è un mero ragionamento sulla difficoltà, al contrario io parlo di stratificazione. Molte di quelle quest mancano di un vero e proprio feedback. Completarne una, per me, è stato un atto puramente ed esclusivamente meccanico, persino poco ragionato, alla stregua di fetch quest. La scarsa varietà di questi incarichi è stata probabilmente l’aspetto che meno ho gradito del gioco. Il giudizio cambia, seppur leggermente, quando affrontiamo le varie secondarie che spesso ci vengono assegnate dai nostri compagni di scuola. Anche qui la varietà non è molta, ma quantomeno spingono il giocatore a una sorta di caccia al collezionabile che almeno sul sottoscritto funziona sempre. È uno stimolo, cerco quello. Quello che in definitiva sto dicendo, è che troppo spesso risulta molto più interessante vagare per la scuola, risolvere enigmi, piuttosto che fare, o provare a fare, lo studente che va a Hogwarts per studiare. Sia ben chiaro, capisco e condivido le necessità di questo medium, così come capisco la necessità di realizzare un prodotto idoneo a ogni pubblico, non pretendo e non voglio la simulazione scolastica, ma sarebbe dovuta essere più centrale di quanto effettivamente è stata. Quindi la scuola è oggettivamente solo uno scenario? No, non del tutto.

Perché, se ci pensiamo, la scuola non è solo il luogo in cui si va per studiare. A scuola nascono legami, amori, dissapori, e tutto questo in Harry Potter c’è, almeno nei film. Qui Avalanche ci prova, e pur mancando parecchi bersagli – credo non ci siamo romance – riesce ugualmente a imbastire situazioni interessanti, dove le linee di dialogo, generalmente ricche del tipico lessico potteriano, innescano reazioni emotive notevoli, come per esempio l’esternazione della fiducia espressa attraverso il dialogo; dove ho sinceramente sentito il peso della scelta, fra mentire o dire la verità. Creare legami in Hogwarts Legacy è sensibilmente più centrale.

Il parere del profano

Per il profano Harry Potter ha un nuovo standard videoludico, finalmente corredato da un titolo tripla A capace di tirarlo fuori da quello scomodo spazio riservato ai tie-in. Hogwarts Legacy non cambia né il medium né il genere, inciampa persino, ma ha saputo dimostrare come un action gdr interamente incentrato sul setting di una popolare opera per ragazzi, sia riuscito ad attecchire su una persona dai gusti un tantino più grim.   

Non oso immaginare quanta roba fra riferimenti e citazioni io non abbia colto, ma resterò da quelle parti ancora per un bel po’, per cui, forse, ci risentiremo.



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